Nei secoli successivi lo strumento acquistò dimensioni maggiori e fu armato di bordone.
Nel XIV e XV secolo la cornamusa viene generalmente rappresentata con grande sacca, una canna della melodia e una di bordone.
Nei secoli successivi lo strumento conobbe alterne fortune a seconda dei diversi paesi di diffusione. Nell’area anglosassone, in particolare in Scozia, mantenne un ruolo significativo nelle manifestazioni pubbliche, nella vita sociale ed anche in quella militare, dando origine ad una illustre tradizione che si conserva tuttora.
In Francia conobbe un periodo particolarmente felice nei secoli XVII e XVIII la musette, dotata di mantice e canne di avorio riccamente lavorate, che divenne uno degli strumenti favoriti della moda pseudo-pastorale dell’aristocrazia francese anteriore alla Rivoluzione.
A parte questi casi però, dopo la grande considerazione in cui fu tenuta nel corso del medioevo, nell’età moderna la cornamusa decadde ben presto a strumento dei poveri e fu confinata all’ambiente contadino, accomunandosi in ciò alla ghironda.
Nella seconda metà del XX secolo, col progredire dell’industrializzazione ed il conseguente diradarsi del tessuto sociale contadino, l’area della cornamusa si è notevolmente contratta. Non di rado inoltre, anche laddove se ne sono mantenute le funzioni, si è verificato il caso che queste fossero trasferite a strumenti più moderni, in particolare alla fisarmonica.
In Italia, estintasi la vecchia piva delle regioni alpine, la cornamusa, nel tipo zampogna italiana, sopravvive oggi solo in alcune zone meridionali e insulari, dove la tradizione legata alla pastorizia è ancora ben radicata: Abruzzo, ma soprattutto Molise: zampogna molisana, Calabria: surdulina, Sicilia: ciaramedda e Sardegna.